Una magia che dura da duemila anni, Castelbrando sovrasta il borgo di Cison di Valmarino. Siamo tra quelle colline che portano a Valdobbiadene terra del prosecco, dolci paesaggi lontano dai flussi turistici mordi e fuggi, la natura è rigogliosa e il verde impera, sali e scendi tra paesi, case e tradizioni venete.
L’evoluzione di Castelbrando è stata continua: se dal 46 a.C. al 500 d.C. si trattava solamente di un castrum romano a guardia della Via Claudia Augusta, fino al 900 d.C. vi passarono Longobardi e Carolingi, fino al 1200 i Da Camino, poi si susseguirono i veneziani con il doge Marino Falier, poi i Brandolini e pure il condottiero Gattamelata. Dopo il 1700 il castello, che nei secoli ha subito continui ampliamenti, vede l’edificazione della reggia patrizia, così come appare oggi. I Brandolini vendono la loro proprietà ai Salesiani nel 1959 e nel 1998 Castelbrando passa di proprietà della famiglia Colomban.
Vicissitudini e personaggi hanno segnato la storia del maniero, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce reperti quali decori o pavimenti, le antiche terme e un forno dell’epoca romana, il vissuto è tornato per testimoniare la vita di duemila anni tra le mura di quello che oggi è diventato un raffinato hotel e non solo.
La salita al maniero è lunga, ora i visitatori possono parcheggiare l’auto e prendere la funicolare panoramica, i clienti invece salgono con l’auto per lasciarla nel parcheggio sotterraneo che si apre al primo livello del castello. Una visita per conoscere la storia di Castelbrando, comprende sei aree museali quali quella delle armi, quella delle carrozze o dei costumi; una shopping area, il ristorante-pizzeria Fucina e il ristorante Sansovino, l’enoteca del Conte, la cantina di Ottone, il bar Donatello e l’Orangerie. La SPA Principessa Gaia tra le vestigia romane, con le acque di tre fonti che scendono dal monte alle spalle del castello. Molti di questi servizi possono essere riservati in esclusiva per eventi denominati “Kings and Queens for a day” e re e regine per un giorno è quello che tutti vorrebbero vivere nella magica atmosfera di Castelbrando. D’altra parte qui hanno soggiornato personaggi famosi come la regina Caterina Cornaro, il doge Falier e Dante, Casanova e Tiziano e molti altri.
Meeting e workshop di alto livello nello charme degli storici saloni quali le Sale del 700 oppure nel maestoso teatro Sansovino del XVI secolo, dove fanno bella mostra alle pareti gli stemmi dei casati proprietari del maniero. L’area congressi offre una capacità di 1800 posti, serviti dai più moderni supporti tecnologici, in una location nella quiete circondata dalla natura e raggiungibile anche grazie all’eliporto.
Cinquanta tra stanze e suites trovano posto nel castello, altre 16 in una vicina dependance e 14 nella Villa Marcello Marinelli affacciata sulla piazza di Cison. Belle le stanze nell’ala settecentesca del castello, con suites di gran classe arredate con mobili spesso originali; esclusiva la suite dell’Imperatore, ricavata in quello che era il castrum romano; particolare la suite nella torre Gaia, che si sviluppa su più piani.
La ristorazione offre, come anticipato, due ristoranti la Fucina dove degustare cucina locale o pizza e il ristorante Sansovino, che in alcune sale dell’ala settecentesca porta in tavola piatti di una cucina ricercata, ma attenta alla stagionalità e al territorio. Nella Sala dei Quadri abbiamo degustato i piatti con profumi e sapori del passato, rivisitati con maestria dallo chef Marco Buosi: si incomincia con un’entrée di agrumi con frutti di mare, piacevolmente fresca e sapida; la seconda entrée comprendeva il tonno rosso al dolce fumo su rucola e il carpaccio di angus con petali di parmigiano e tartufo scorzone; il primo piatto ancora al profumo di mare, offriva le bavette all’astice; per il secondo piatto la scelta è caduta sugli straccetti di faraona limonaia ai sapori medievali, un piatto creato dallo chef per rispettare la tradizione culinaria del passato, quando non si conoscevano ancora patate e pomodoro, oppure il mais. La faraona viene cotta a bassa temperatura al vapore, sottovuoto e nel sacchetto di cottura viene circondata dalle scorze di limone che, oltre ad insaporirla, la sbiancano tanto da renderla irriconoscibile dalla faraona dalle carni scure a cui siamo abituati. Non poteva mancare il dolce finale, tarte tatin alle pesche e il canonico caffè. La cantina dei vini del ristorante ha in lista soprattutto etichette del territorio, ma la scelta spazia anche su altre provenienze. UB
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